Auser per tutte le età
Premessa
L’incertezza del sistema politico nazionale, il quadro della crisi che continua a perdurare, la drammatica situazione del lavoro, la dinamica dei redditi, la povertà che cresce, sono tutti segnali che disegnano un futuro pieno di incertezze e una difficoltà, non solo italiana, nel definire un nuovo modello di sviluppo e di crescita che tutti, almeno a parole, vorrebbero equo e sostenibile sia da un punto di vista socioeconomico che ambientale.
Il tutto si svolge dentro mutamenti sociali di natura strutturale come la disoccupazione che cresce, l’invecchiamento della popolazione e l’incremento dei residenti extracomunitari, più che triplicato negli ultimi dieci anni.
I cambiamenti sociali, insieme alla crisi, sono tali da mettere pesantemente in discussione il nostro modello di welfare la sua adeguatezza ai bisogni che crescono e alle risorse, pubbliche e private, che diminuiscono.
Il welfare italiano è caratterizzato da due tipi di intervento:
• Uno squilibrio di presenza tra erogazioni monetarie e prestazioni reali legate alla rete dei servizi, le prime articolate per entità sulla base delle condizioni patologiche individuali.
• Principi di accesso “universalistici” con poca differenziazione legata al reddito dei singoli soggetti e con una forte caratterizzazione “assistenzialistica” e “categoriale” (portatori di handicap, ciechi, sordomuti, invalidi di guerra, ecc.).
Da un lato continua a permanere un welfare “universalistico” usufruibile da tutti i cittadini in egual misura, pagato integralmente dalla fiscalità generale (vedi il sistema sanitario ospedaliero), e dall’altro i servizi individuali alla persona vedono, l’erogazione monetaria come intervento di diritto garantito dello Stato, e un sistema di servizi pubblici e privati con costi e qualità profondamente diversi sia nelle singole regioni che nei territori della stessa regione.
Si continua a non voler far chiarezza su diritti universali costituzionali, da garantire in egual misura e qualità a tutti i cittadini, e servizi aggiuntivi che migliorano le forme di benessere individuale, come non si capisce perché se aumentano i bisogni sociali, e le risorse pubbliche disponibili non riescono a dare risposte alla domanda di servizi che proviene dai cittadini, ci si intestardisca a negare la necessità che ci sia bisogno di una politica fiscale meno lineare e più selettiva: chi ha di più paga di più, chi ha meno paga di meno, chi ha poco non paga. Solo in questo modo è possibile conciliare un intervento sul welfare che diminuisca le diseguaglianze e sia percepito da tutti i cittadini come un sistema unico, equo e solidale.
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