Il circolo Auser Volontariato Melissa, oltre alle storiche attività che ormai lo contraddistinguono, considerato che nel mese di agosto sono diminuite le richieste dei servizi di compagnia e di trasporto, per la presenza dei familiari emigrati, rientrati per le ferie estive, si è attivato in iniziative culturali e di intrattenimento sia dei soliti assistiti sia dei loro congiunti turisti di ritorno.
Allo scopo, i volontari del Circolo hanno organizzato delle manifestazioni che ricordano la storia del loro borgo: un momento teatrale e la festa del grano.
Lo spettacolo teatrale è stato proposto sia nella suggestiva cornice della porta di Gardu, sotto le mura del castello, sia nella grande piazza del Villaggio Cristoforo Colombo, nella frazione Torre Melissa.
Opera teatrale “Il conte di Melissa”, scritta e diretta dal socio Massimo Restuccia.
Un’opera che affonda le sue radici nella figura leggendaria di don Francesco Campitello, conte di Melissa e principe di Strongoli (1624-1668), incentrata sulla legge dello “Ius primae noctis”.
Una legge, secondo legenda, che dava diritto al signorotto, di passare con le donne del paese, la loro prima notte di matrimonio.
Due ore di spettacolo, che ha coinvolto tutti gli spettatori.
La IV festa del grano, organizzata in collaborazione del Comune, un vero palio del grano, in cui i soci tutti, senza distinzione di sesso, sono tornati sui campi a mietere il grano, secondo le vecchie tradizioni, armati di falci, e indossando i “cannoli” a protezione delle dita.
Una manifestazione che per i melissesi non è semplicemente un ritorno al passato riproporre le tradizioni, ma per ricordare la ribellione del 29 ottobre 1949, in cui sotto il piombo della polizia di Scelba, persero la vita due uomini di cui un ragazzo di sedici anni e una donna poco più che ventenne.
Un amaro ricordo, ma un momento esaltante per l’emancipazione dei contadini che riconquistarono la loro dignità, quando occuparono le terre incolte del barone Berlingieri, accelerando l’applicazione della legge della Riforma agraria.
Una festa che ha unito le diverse generazioni, riproponendo termini dialettali ormai in disuso, attraverso stornelli e strofette in cui i termini “gregne”, fascine di grano, “fiscìni” contenitori del grano, “cavagghjùni” cumulo di 40 “gregne”, “pisàri”, trebbiatura col calpestio degli asini e dei cavalli, tra la curiosità dei giovani e il piacere degli adulti a risentirne il suono.
Non sono mancati i prodotti tipici come la pasta fatta in casa “covatelli e maccarruni a ferretti, il pane cotto nel forno a legna, delle grotte rupestri, e distribuito ai presenti con i deliziosi e piccanti “pipi e patati”, il tutto rallegrato da tarantelle e musica folk.