Dire che il nostro Congresso, si svolge in un periodo storico particolare, è un eufemismo, considerato che il mondo è in ginocchio, sia per la pandemia, sia a livello economico e finanziario.
Secondo gli economisti e i politologi, il ventennio ormai trascorso doveva rendere operante un nuovo sistema economico e sociale, una nuova forma di capitalismo, un capitalismo dal volto umano, ma non ha retto al primo impatto.
È bastato un virus a mettere in crisi le economie di tutto il mondo, perché basate sul consumo e il mercato.
Oggi non possiamo che domandarci: dopo la pandemia quale sarà la nuova normalità?
Pur essendo in molti quelli convinti che il capitalismo dal “volto umano”, non abbia ceduto il passo e che l’economia sarà verde, visti i risultati del G 20 e della Conferenza mondiale di Glasgow, non possiamo non domandarci se effettivamente sarà possibile uno sviluppo sostenibile, considerato che la richiesta del mercato non è compatibile col rispetto del pianeta.
Nostro malgrado, purtroppo, la pandemia sarà utilizzata come scusa per mettere da parte qualsiasi attività atta alla transizione ecologica.
Personalmente, ritengo che bisogna cambiare paradigma e ridurre in modo drastico il volume globale dei flussi di materiali e di energia impiegati nei cicli produttivi e di consumo.
Per usare le parole di Serge Latouche bisogna “fuoriuscire dal mercato” e levare la maschera alla “falsa sostenibilità” che si prepara. Considerato che le banche, non escluse quelle italiane, stanno investendo miliardi di euro in energia fossile.
L’unica certezza che abbiamo avuto in questi mesi è stata la grande capacità civica dimostrata da chi ha affrontato volontariamente l’emergenza sanitaria, mettendosi a disposizioni di chi aveva bisogno, come hanno fatto i nostri volontari.
Nonostante i rischi Covid, conosciuti e non, grazie ai nostri volontari, abbiamo garantito aiuto e assistenza. Il premio ricevuto dal Senato della Repubblica, lo conferma.
Però, non è sfuggita a nessuno, la strana convivenza, che c’è stata in questa fase, tra la grande solidarietà, l’individualismo e l’opportunismo.
Mentre c’era chi si prodigava a dare aiuto a chi ne aveva bisogno, c’era chi si chiudeva egoisticamente nel proprio orticello e chi approfittava della situazione per arricchirsi, speculando sull’emergenza sanitaria.
Non possiamo non parlare di quelli che pensavano alla campagna elettorale utilizzando come accattivante per la conquista del voto le mercanzie che dovevano essere di supporto ai bisognosi.
Quest’ultima affermazione è supportata da fatti reali che son passati agli onori della cronaca di prima pagina.
Fatti del genere peggiorano il quadro economico, sociale e culturale, evidenziando instabilità e imprevedibilità.
Tutto, in un contesto di crisi strutturale che chiama il paese al cambiamento per essere competitivi e innovativi attraverso riforme che disegnino un’economia in cui tutti i cittadini possano trarre benefici.
Nonostante l’impegno della nostra organizzazione e di moltissime altre, per scelte politiche, anche per colpa di chi appariva innovatore e disponibile a scelte di sinistra, il volontariato, corre il rischio dell’esclusione dalla partecipazione attiva del cambiamento.
Il volontariato è stato considerato un semplice fornitore di servizi, utile esclusivamente all’abbattimento dei costi del welfare o, ancora peggio, uno strumento a basso costo per proteggere e sorvegliare il territorio.
Ma non basta, quanto sto per dire, potrebbe apparire un po’ esagerato, ma le associazioni di volontariato, per volontà di qualche politico che continuava a sbandierare la riforma del terzo settore come la panacea per la disoccupazione e lo sviluppo dell’economia, sono state assoggettate quasi a tutti gli obblighi che ha un’azienda, e se per fortuna alcune cose non sono passate si deve all’impegno profuso dai nostri rappresentanti nella commissione ministeriale.
Perciò, mi sembra cruciale sottolineare come – dal nostro punto di vista, l’Auser, assieme al sindacato, potrebbe avere un ruolo centrale nel fare da garante circa la qualità dei servizi e delle prestazioni messe a disposizione sia dalle imprese sia dal pubblico.
La rappresentanza sindacale può divenire strategica per portare alla luce le autentiche necessità dei lavoratori e dei pensionati, facilitando l’analisi dei bisogni (aspetti che oggi sono sempre più appannaggio esclusivo di società private e provider selezionati dalle aziende) e quindi, come Auser non possiamo che condividere la richiesta del sindacato Confederale fatta a Governo, Parlamento, istituzioni regionali e locali, di riconsiderare il welfare una priorità di questo Paese.
Come condividiamo le proposte del Sindacato pensionati per avere subito una legge quadro nazionale sulla non autosufficienza, e con questa il rilancio del Servizio sanitario nazionale e la riforma delle Rsa.
Punto di partenza, però, non può che essere la domiciliarità.
Serve un nuovo modello di sanità: universale e pubblica, che contribuisca in tal modo al rilancio dello Stato sociale.
Occorre intervenire immediatamente per mettere in sicurezza tutte le Rsa e garantire la presenza al loro interno di personale professionalmente qualificato.
Purtroppo, ciò che con la legge 833/78 della Riforma Sanitaria, che sanciva la nascita del Servizio Sanitario Nazionale, e che ritenevamo di aver raggiunto il diritto universale alla tutela della salute, l’epidemia di Covid 19, ci ha dimostrato che siamo ancora molto lontani da quel diritto.
L’accesso ai Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) non è uniforme e costringe i cittadini, maggiormente quelli del sud, a cercare risposte lontano dalla propria terra, o addirittura a rinunciare alle cure.
Il Paese è quindi dinanzi a una grande sfida e a un’opportunità storica: bisogna riuscire a coglierla.
Per farlo, i primi passi sono cruciali, pertanto la riforma deve creare solide fondamenta su cui poggiare tutti i passi successivi.
Su questa riforma l’Auser deve sentirsi impegnata e parte attiva assieme al sindacato.
Il volontariato, nelle forme più organizzate, può e deve diventare un nuovo modello di responsabilizzazione e di partecipazione dei cittadini e nelle dinamiche della sussidiarietà, intervenire come luogo di democrazia, di progettazione e di ascolto, ma anche di incontro generazionale e interculturale, producendo risposte ai bisogni di chi fa e di chi riceve i servizi.
Insomma, scuola di vita e portatore di valori come la coesione e la solidarietà.
Il profondo cambiamento demografico costringe a una diversa idea di invecchiamento, per profondere nella stessa età adulta una straordinaria voglia di vivere.
Per questi motivi, non sbaglia chi sostiene che l’Auser oggi è più attuale di qualche anno fa.
Però, non si può parlare dell’attualità dell’Auser senza dedicare un pensiero all’impegno e alla dedizione che le Volontarie e i Volontari riescono a esprimere in tutte le attività che giornalmente realizzano.
Pertanto il vero obiettivo del Congresso è quello di puntare alla realizzazione di un’Auser più grande, unita, plurale, con una forte identità, fondata sulla democrazia e sulla partecipazione, in un paese in cui la democrazia, purtroppo, vale solo per poco più della metà dei suoi abitanti, e lo si vede dalla scarsa partecipazione al voto.
Dobbiamo riprenderci i valori e le regole portanti della nostra convivenza democratica, dobbiamo ripartire dal valore sociale del lavoro, dallo sviluppo eco-sostenibile, dal welfare universale, dalla centralità della persona, consapevoli che le politiche sociali hanno effetti durevoli nel tempo.
Le azioni dell’Auser, dovranno svilupparsi su diversi piani relazionali, interessando il singolo soggetto, il gruppo e il sistema organizzativo, poiché siamo convinti che non sia sufficiente dare risposte solo alle problematiche sociali e sanitarie dell’anziano.
Occorre attivarsi per evitare il rischio dell’esclusione, con iniziative di promozione culturali, sociali e di cittadinanza attiva, e nel nostro caso, rilanciare tutte le attività culturali e formative che siamo riusciti a mantenere e rilanciare quelle che hanno subito un rallentamento o un blocco totale.
Tutte le suddette attività non riguardano solo gli anziani, ma sono estendibile alle figure marginali presenti nel territorio, immigrati e indigenti, che se non aiutati e sufficientemente integrati, potrebbero divenire serbatoio di manovalanza per le organizzazioni mafiose.
Quindi l’Auser deve essere un presidio di legalità, cultura e tutela dei diritti.
Queste valutazioni, mi spingono a ricordare a me stesso che l’Auser nasce per volontà della Cgil, del compagno Trentin, come “strumento di sperimentazione concreta, di un’attività associata, che realizzasse – non solo rivendicasse – una solidarietà fra diversi, praticando una solidarietà intorno all’esercizio dei diritti fondamentali”.
Valori e principi rinnovati con la sigla dei protocolli tra Auser Cgil e Spi Cgil, in occasione della Conferenza d’Organizzazione.
Concludo, sostenendo che l’Auser deve stare nel dibattito politico per misurarsi e dare il suo contributo ogniqualvolta si parla di politiche sociali, anche se in Regioni come la Calabria sia molto difficile.